Umbria in pole position in telemedicina: in 8 mesi raccolti 14mila dati clinici in remoto

Todi, 4 maggio 2015 – In UMBRIA il 40,7% della popolazione presenta almeno una malattia cronica (Istat, 2013), dato maggiore della la media nazionale che si attesta al 37,9%. Malattie cardiovascolari, conseguenze di ictus, diabete e demenze le condizioni più frequenti. I sistemi di telemedicina in Italia sono ancora la Cenerentola della sanità eppure sarebbero uno strumento fondamentale per rafforzare l’assistenza territoriale, gestire i pazienti cronici (a loro sono dedicati i due terzi dei servizi) e favorire la centralità del paziente rispetto ai servizi di cui ha bisogno. In Italia quasi 7 aziende sanitarie su 10 hanno implementato progetti di telemedicina, ma sono ancora molti quelli che rimangono al palo, non superando mai la fase sperimentale.

E 9 su 10 sono stati introdotti solo negli ultimi due anni. Per fornire un contributo all’attuale dibattito sull’innovazione tecnologica e il suo impiego in sanità Federsanità ANCI e SICS (Società Italiana di Comunicazione Scientifica e Sanitaria), grazie al contributo incondizionato di Vree Health, hanno promosso un progetto per fotografare lo stato dell’arte della telemedicina in Italia, analizzarne le criticità e individuare nuovi modelli organizzativi che ne favoriscano l’introduzione e l’applicazione. Un sistema efficiente di telemedicina potrebbe favorire i pazienti anziani, che vivono in zone remote o poco collegate. Un cardiopatico potrebbe collegarsi ad un semplice dispositivo domestico per l’ECG e trasmettere al cardiologo i risultati dei suoi esami.

Una donna con multi patologia che vive sola potrebbe invece essere monitorata da un centro servizi con personale addestrato per verificare che assuma i farmaci necessari e magari rilevare la sua posizione nel caso si smarrisca. Il secondo incontro dal titolo ‘ MODELLI INNOVATIVI NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE CRONICO’ si è tenuto a Todi presso l’OSPEDALE DELLA MEDIA VALLE DEL TEVERE alla presenza di clinici, direttori generali, direttori sanitari ed esperti.Ecco cosa ha dichiarato il Dott. Giuseppe Fatati, Direttore della S.C. di diabetologia, dietologia e nutrizione clinica dell’AO Santa Maria di Terni: “la mia struttura sta portando avanti un progetto di gestione da remoto di pazienti complessi, prevalentemente oncologici, affetti da diabete.

Si tratta della prima esperienza italiana su pazienti complessi, in particolare oncologici trattati con steroidei. La riduzione di accessi al PS e di ricovero è stata notevolissima ed abbiamo riscontrato un notevole miglioramento della qualità della vita del paziente. Per trasformare la sperimentazione in sistema c’è bisogno di ulteriori risorse e di personale che abbia una formazione adeguata” . ”La USL Umbria 1 ha raccolto la sfida dell’innovazione” spiega il Dott. Roberto Norgiolini, Responsabile Servizio Diabetologia Città di Castello “L’esperienza di telesalute su pazienti diabetici di tipo 2 che stiamo conducendo sta dimostrando vantaggi di sistema in termini clinici, organizzativi, di qualità della vita ed anche economici.

In 8 mesi, abbiamo raccolto 14.000 misurazioni da remoto. Ciò che è emerso è che i pazienti si sentono più protetti, grazie all’assistenza telefonica, cresce la loro percezione del benessere, migliorano la capacità di gestione autonoma del piano di cura e l’aderenza alla terapia e, di conseguenza migliora il loro stato di salute. Abbiamo stimato che, se la sperimentazione fosse estesa si potrebbero conseguire significativi risparmi con riduzione di costi diretti e indiretti per l’assistenza al diabete (riduzione spesa farmaceutica, assistenza integrativa, riduzione accessi impropri al pronto soccorso e ricoveri). E’ necessario far passare nella comunità la logica del cambiamento e dell’innovazione, e nella fase di avvio c’è bisogno di uno sforzo organizzativo importante e di una adeguata comunicazione verso cittadini e stakeholder. Le piattaforme digitali devono essere parte integrante dei percorsi assistenziali, dove ogni attore deve svolgere il suo ruolo nel rispetto dei protocolli di gestione integrata concordati tra medici di medicina generale e specialisti diabetologi”.

“L’Umbria è la seconda regione italiana per anzianità degli abitanti, ed è quindi importante che prosegua nell’implementazione di progetti di telesalute” aggiunge il Dott. Giuseppe Legato, Direttore Generale della USL Umbria1 “E’ necessario innanzitutto lavorare sul quadro normativo e regolamentare per facilitare il percorso verso nuovi modelli organizzativi. La USL Umbria 1 ha già in atto alcune sperimentazioni che vorremmo implementare ad un livello più strutturale”. L’Aazienda Ospedaliera Santa Maria di Terni è stata la prima azienda in Umbria ad aver avviato un progetto di telemedicina, condotto dal dott. Fatati sui pazienti complessi affetti da diabete: “I risultati sono stati importanti, soprattutto sul piano della qualità della vita dei pazienti e della riduzione dei ricoveri” sottolinea il Dott. Andrea Casciari, Direttore Generale AO Santa Maria di Terni “I costi in sanità stanno crescendo e bisogna certamente pensare a nuovi modelli organizzativi, soprattutto per patologie, come il diabete, che hanno ricadute sociali rilevanti.

Da questo punto di vista, ritengo che la maggior parte delle AO e ASL abbiano già da tempo scelto l’innovazione come prassi quotidiana, confrontandosi tutti i giorni con le problematiche e individuando le strade migliori per risolverle, approntando gli opportuni strumenti di verifica”. Il gruppo di lavoro ha curato l’ indagine dal titolo ‘Lo stato dei sistemi di telesalute in Italia’ che ha coinvolto 238 direttori sanitari di ASL e Aziende Ospedaliere che hanno convenuto come le aree dove la telemedicina potrebbe assicurare una migliore qualità dell’assistenza sono i servizi di diagnosi e cura, la prevenzione secondaria, la riorganizzazione della diagnostica di laboratorio e per immagini ma anche il follow up dei pazienti cronici e la continuità tra ospedale e territorio portando servizi e medici a casa del soggetto malato.

L’indagine ha cercato anche di comprendere gli ostacoli alla diffusione dell’assistenza sanitaria in remoto, parte la percezione delle aree ideali di applicazione con questi risultati: 4 dirigenti sanitari su 5 ritengono che servizi di diagnosi e cura e prevenzione secondaria siano le aree di migliore applicazione di queste tecniche che possono prevedere il monitoraggio dei parametri clinici e dell’adesione alla terapia, lo scambio di informazioni e esami, la migliore gestione della patologia e un più efficace follow up. Anche il contatto con il medico risulta facilitato da comunicazioni che viaggiano tramite telefono, email, sms o chat a seconda delle necessità.

Per 4 intervistati su 10 inoltre i sistemi di telemedicina potrebbero essere un volano per migliorare comunicazione e dialogo tra i vari attori coinvolti nella cura che nel caso delle patologie croniche vede il termine ‘multidisciplinarietà’ come un vero e proprio mantra. Non a caso nei progetti esistenti sono coinvolti specialisti (40%), tecnici di diagnostica (25%), medici di medicina generale (15%), infermieri e ostetriche (15%).Ma soprattutto per tre su 10 questi strumenti facilitano l’integrazione tra ospedale e territorio. Mentre 4 su 5 sono d’accordo sui vantaggi per gli assistiti in termini di continuità delle cure, riduzione dei tempi di ricovero, gestione più snella dei percorsi di cura ma solo il 5% vede nella telemedicina una soluzione per migliorare l’accesso alle cure, infine 9 progetti su 10 prevedono che la e-Health raggiunga il paziente a casa sua. L’indagine ha avuto come evoluzione la realizzazione di un Vademecum che sarà discusso e implementato delle singole realtà locali durante una serie di Workshop regionali.

“Parlare di telemedicina oggi forse è anacronistico” conclude Angelo Rossi Mori, Ricercatore del CNR e Coordinatore del Progetto “Ormai la trasmissione di testi, segnali o immagini è entrata in ogni settore della nostra vita quotidiana. L’avvento delle tecnologie digitali, con internet, gli smartphone, la domotica, può permettere ai pazienti di gestire in modo più consapevole la propria salute e ad ogni operatore di coordinarsi e svolgere meglio il proprio lavoro. Ma occorre un cambio di prospettiva: non è più il tempo di iniziative isolate, destinate al fallimento. Oggi è possibile concepire modelli di cura innovativi, consapevoli delle opportunità offerte dalla tecnologia, per tendere verso l’integrazione delle cure, sia tra ospedale e territorio, sia tra sanitario e sociale, con il fine di rendere il sistema più efficiente e sostenibile”.

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